venerdì 24 febbraio 2012

Il cigno malato

C’è un cigno che muore accerchiato da un Palazzo
Un cigno misterioso in abiti di seta
Che invece di guizzare nella corrente lieta
Si stanca affaticato a guardare lo spazio.

Il cigno è un malato che adora il Dio d’oro;
Il Sole, il padre di razze, feconda la sua agonia
Per ciò la sua tristezza è una sinfonia
Di fiori che si socchiudono nelle ombre del pianto.

Ha il petto attraversato da un pazzo pugnale,
Goccia a goccia il suo sangue si diluisce nel lago
E le azzurre acque s’incantano sotto il magico
Potere dei rubini che distilla il suo male.

L’anima di questo cigno è una sensitiva
Non alzate la voce in riva allo stagno
Se non volete che il cigno col becco si strappi
Il pugnale che sostiene la sua furtiva esistenza.

Raccontano vecchie leggende che è malato l’amore.
Che l’enorme cuore gli si è centuplicato
E che nelle viscere ha come il Crocifisso
Un dolore che alberga tutto l’umano dolore.

E le leggende raccontano che è un cigno-poeta
Che la magia del ritmo le ha unto la gola
E canta perché sì, come canta il ruscello
La rima cristallina della sua irrequieta corrente,

Io ho sognato una notte che nel vecchio Palazzo
C’era il cigno stanco di guardare lo spazio.

(Alfonsina Storni)


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